Medicina tradizionale cinese: le ragioni di una scelta

di Laura Ciminelli*

Qi

E’ il 1979, con un simposio nella città di Pechino la più importante struttura sovranazionale nel campo della salute, l’Organizzazione Mondiale della Sanità indica l’opportunità di approfondire la ricerca sull’efficacia dell’agopuntura nel trattamento di 43 patologie. Da allora si moltiplicano a migliaia studi, ricerche e trial clinici condotti con le metodiche della “evidence based medicine”. L’OMS torna ad occuparsi dell’Agopuntura con il Rapporto pubblicato nel 2003 e con la Strategia per le Medicine Tradizionali 2014-23, fino ad includere una classificazione delle patologie secondo la Medicina Tradizionale Cinese nell’ICD – International Classification of Diseases – in vigore dal 2022.

A livello nazionale, è soprattutto la spinta proveniente dal basso a imporre l’Agopuntura e la Medicina Tradizionale Cinese all’attenzione pubblica. Il rapporto EURISPES del 2017 sul Sistema Sanitario rivela che oltre 12.816.000 cittadini italiani si curano con Agopuntura e Medicine non Convenzionali, in pratica una persona su cinque. Nel luglio 2022 l’Istituto Superiore di Sanità pubblica le linee guida sull’utilità dell’Agopuntura nel trattamento del dolore e nel febbraio 2023 le linee guida sugli interventi non farmacologici a supporto della fatigue cancro collegata tra cui in primis l’Agopuntura e il Qigong. Infine, nel giugno 2023 l’Agopuntura entra nei livelli essenziali di assistenza (LEA) del sistema sanitario.

L’attenzione del, pubblico, dei medici e degli operatori sanitari è rivolta alle prospettive di cura di disturbi e malattie spesso difficilmente affrontabili con la medicina ufficiale. Oltre alla terapia del dolore – che offre l’indubbio vantaggio di ridurre l’utilizzo di farmaci antidolorifici – l’Agopuntura e la MTC si rivelano efficaci, tra l’altro, per problemi quali alcuni sintomi legati alla menopausa; i disturbi dell’umore e le turbe del sonno; gli effetti collaterali di farmaci anti-blastici; la dismenorrea; la riabilitazione post-ictus.

Purtroppo il sistema sanitario non recepisce se non in minima parte quanto sopra esposto; ma non rientra nello scopo di questo scritto analizzarne cause e possibili soluzioni. Piuttosto vogliamo riflettere sulle ragioni di una scelta orientata alla medicina tradizionale cinese dal punto di vista del paziente e del terapista – spesso coincidenti – per superare i limiti e le dicotomie della medicina occidentale in un proficuo incontro e confronto con un pensiero altro, che possa favorire un melting di conoscenze per la fondazione di un nuovo modello di medicina integrata.

Questo processo potrebbe consentire al medico, oggi spesso ridotto al ruolo di compilatore di files spersonalizzati, di recuperare la propria dignità e la propria essenza dal punto di vista umano, etico e professionale sulle orme della grande tradizione della scienza medica.

La necessità di associare diverse metodiche e strategie si fa sempre più presente nella pratica clinica del medico, manifestando l’urgenza di formare catene di collaborazione multidisciplinare che coinvolgano terapisti di sicura formazione e preparazione. A questo proposito non si può che stigmatizzare il proliferare del commercio di attestati e diplomi di autodefiniti corsi di formazione online di poche settimane, che finiscono per svilire e danneggiare figure professionali serie e necessarie come il naturopata o l’operatore di tecniche manuali olistiche quali lo Shiatsu,etc.

“Curare il malato e non la malattia” è un noto motto della medicina tradizionale cinese che può aiutarci a penetrare il senso profondo della rivoluzione copernicana operata dal pensiero orientale. Non più l’attenzione focalizzata sulla patologia, ma centrata sulla persona; dal punto di vista del paziente, non più essere identificato con la patologia, non più “un caso” tra i tanti di una medicina troppo spesso standardizzata e ostaggio della statistica, ma essere considerato nella propria essenza umana, nella vitalità, e spinto a prendere in mano la propria situazione piuttosto che attendere passivamente soluzioni dall’esterno.

Un metodo che prende forma da una considerazione globale delle coordinate personali – di tipo genetico, fisico, psicologico, sociale – per indirizzare il rapporto tra il paziente e il terapista verso la comune ricerca di un nuovo equilibrio, che trascenda e superi il sintomo contingente per attingere alla radice e attivare il processo di guarigione.

Agopuntura quindi, non come una meccanica trasposizione del trattamento del sintomo con una tecnica diversa ma come terapia integrale e globale. E che richiede quindi da parte del medico e del terapista l’acquisizione di una nuova mentalità, di nuovi strumenti di riflessione sul proprio operare.

A partire da questa esigenza la formazione in Medicina Tradizionale Cinese non può che partire dalle basi filosofiche della scienza orientale, e non può che comprendere, oltre all’Agopuntura, le altre discipline che la compongono, informate dalla medesima teoria di base e di volta in volta utilizzate nell’intervento terapeutico personalizzato come la Fitoterapia e il Tuina.

Senza poter escludere il Qigong, quintessenza della corrispondenza dell’Uomo con Cielo e Terra che soggiace all’impalcatura teorica della Medicina Cinese e sposa la coscienza ecologica del nostro tempo.

  • Direttrice Centro Formazione Istituto superiore di medicina tradizionale cinese Villa Giada, Roma

2 commenti su “Medicina tradizionale cinese: le ragioni di una scelta”

  1. Interessantissima osservazione.
    C’è da auspicare che questo interesse per l’olismo, restituisca alla Medicina accademica quello sguardo di insieme sull’essere umano, che purtroppo ormati è quasi andato perduto, e le ridoni il ruolo principale di strumento di prevenzione, attraverso stili di vita volti alla quotidiana attenzione al benessere psicofisico, oltre a fornire una visione più ampia delle strategie terapeutiche con cui affrontare la patologia.

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  2. Ringrazio Laura Ciminelli per la chiarezza con cui fa la storia dell’ influenza/sinergia della medicina cinese con l’ approccio occidentale alle patologie.
    Apre lo spirito e ridà, almeno a me, la speranza in un futuro in cui l’essere umano venga visto nella sua interezza ed unicità.

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